Quando interagiamo con i nostri figli ricordiamoci che anche
le azioni comunicano ed è importante mandare messaggi coerenti, sia dal punto
di vista di accompagnare le parole con azioni congruenti (e vice versa), sia
con l’obiettivo educativo che ci stiamo prefiggendo.
Analizziamo una situazione di vita quotidiana. L’altra sera
cercavo di parlare con un genitore, ma il
figlio faceva un casino infernale, dopo averlo ripreso un paio di volte senza
troppa convinzione, lui ha trovato la soluzione: “Stasera
sei insopportabile: vai a vedere la televisione”.
sei insopportabile: vai a vedere la televisione”.
Anzitutto analizziamo le azioni. Ci sono due adulti che parlano
di un argomento da adulti. C’è un bambino che fa confusione. E abbiamo due tipi
di risposte da parte del genitore: riprenderlo blandamente per proseguire il
discorso, mandarlo da un’altra parte a guardare la televisione.
Perché gli adulti parlano di un argomento da adulti in
presenza di un bambino? A volte può capitare o essere necessario. Stanno
parlando da troppo tempo, ignorando il bambino?
Perché il bambino fa confusione? Vorrebbe attenzione? Ha
qualcosa da raccontare e cerca il suo spazio? E’ infastidito dal discorso che
si sta facendo? E’ semplicemente annoiato?
Ricordiamoci che i bambini cercano carezze, ma piuttosto di
essere ignorati che è per loro la condizione più dolorosa in assoluto,
preferiscono ricevere una sculacciata. Quando i bimbi cercano di provocare una
nostra reazione, prima di sgridarli o se necessario dopo averli sgridati,
proviamo a dare loro attenzione, ascolto, coccole, gioco, quasi sempre si calmano.
In questo caso il genitore lo riprende per continuare a
parlare, di fatto ignorandolo. Se è vero che talvolta i bambini devono imparare
a rispettare lo spazio degli adulti, è anche vero che gli adulti devono tenere
in considerazione il fatto che c’è un bambino con esigenze diverse, che trova
noioso se non incomprensibile il discorso dei grandi e spesso fatica a farsi
largo con la sua voce flebile e le parole che ancora non padroneggia bene,
anche se spesso avrebbe bisogno di esprimersi, perciò lo spazio e il silenzio per
lui dobbiamo imparare a farlo noi. Se l’azione di sgridarlo è fallita,
ripeterla sarà inutile, evidentemente il suo comportamento è originato da un
bisogno che va accolto, anche se è di disturbo.
E ora veniamo alla vera risposta: “Stasera sei
insopportabile: vai a guardare la televisione.”
La prima parte può anche essere corretta, rimandare ad un
bambino che risulta insopportabile, può essere un dato di realtà utile alla sua
crescita. Del resto noi li amiamo tanto, ma devono capire che non sempre il
loro comportamento suscita reazioni positive, perché non è un comportamento
positivo. E’ nostro dovere rendere consapevoli i nostri figli di quali siano i
comportamenti adeguati e dissuaderli dal mettere in atto quelli che avranno
conseguenze negative.
Perciò la corretta conclusione della frase poteva essere: “Stasera
sei insopportabile: cosa ti succede? C’è qualcosa che non va o che vorresti
dire?” o al limite “Stasera sei insopportabile: vai in camera tua a riflettere
e torna quando sarai pronto a rispettare i bisogni degli altri”.

In realtà la risposta di quel genitore mi ha dato il senso
del comportamento del bambino. Era stufo di stare lì, si stava annoiando e
voleva guardare la televisione, probabilmente ha imparato che se disturba
abbastanza, avrà il permesso di farlo.
Immagino che ognuno di noi desideri bambini calmi, sereni,
rispettosi, allegri, sono certa che nessun genitore insegnerebbe
consapevolmente ai suoi figli ad essere capricciosi, prepotenti, agitati, eppure
spesso come in questo caso, rischiamo di farlo.
La coerenza educativa è fondamentale per avere una buona
relazione con i bimbi e raggiungere i risultati che auspichiamo. Se il bambino
fa qualcosa che non dovrebbe fare e noi, anche se con le parole lo puniamo, con
le azioni lo premiamo, prima di tutto lo confondiamo enormemente (e un bambino
confuso tende a diventare agitato o a isolarsi), ma soprattutto gli insegniamo
a ripetere quel comportamento ogni volta che desidera quel risultato.
L’educazione è molto più che addestramento, ma non dobbiamo
dimenticare che siamo anche noi degli animali. I neonati piangono quando hanno
fame, piangono quando hanno bisogno di essere presi in braccio, piangono quando
stanno male, una volta si diceva che ascoltandoli li si viziava, che avrebbero
pianto di più per capriccio. Ora sappiamo che quella è l’unica forma di
comunicazione che hanno che una mamma sa riconoscere ogni tipo di pianto e che
se entra in sintonia con il suo bimbo può prevenire molti di questi pianti.
Come mi disse una bravissima Professoressa di Psicologia all’Università non
ascoltando il loro pianto, non insegniamo loro a non fare capricci, ma che è
inutile chiedere aiuto, tanto non ti ascolta nessuno.


Permettetemi un’altra digressione personale, vi presento
Rufus, un cane che ha la pessima abitudine di abbaiare per ottenere
quello che vuole. Se fa una marachella e lo chiudi fuori, si mette davanti alla
porta finestra ad abbaiare fino a che non gli apri, se ha bisogno di fare una passeggiata, ti abbaia contro finche non prendi il guinzaglio. Perché? E’ un animale
ingestibile? No: è semplicemente abituato così, se abbaia abbastanza da rompere
le scatole, lo si fa entrare e lo si porta a fare un giro. Quest’estate dopo anni passati a cercare di rieducare i legittimi padroni, ho deciso di utilizzare il
periodo di convivenza in vacanza per insegnargli che con me non attaccava, che
se voleva qualcosa doveva fare la “faccia da cane” (quella con gli occhioni
imploranti, per intenderci), non abbaiarmi contro, perché è lui che deve
ubbidire a me, non vice-versa (cosa molto importante da stabilire con gli
animali, anche per la sicurezza dei nostri bimbi). Alla fine, con mia grande soddisfazione,
a me fa la “faccia da cane”, a qualcun'altro continua ad abbaiare. Con gli animali
è decisamente più semplice, gli esseri umani hanno il dono della parola, ma
intervengono molti altri fattori, la base dell’educazione è comunque questa. Non
dimentichiamolo, ma non trattiamo mai i nostri figli come scimmiette
ammaestrate.
Se i Nonni, gli zii, l’altro genitore (…), viziano i vostri
figli, stabiliscono regole molto più blande o permettono loro di non rispettarle,
non fate a gara: tenete ferma la barra. Date delle indicazioni chiare e
coerenti, col crescere dell’età potete anche mettervi d’accordo con loro,
spiegando il motivo delle vostre preoccupazioni e stabilendo insieme delle
regole. Ma dopo, qualunque cosa succeda, siate coerenti, badate bene: non
inflessibili, solo coerenti.

I bambini imparano molto più dall’esempio che da mille
discorsi. Quello che le vostre parole non dicono, lo dicono le azioni, i fatti,
soprattutto se accompagnati da parole capaci di comunicare il senso vero delle
vostre scelte educative: delle regole, dei limiti, delle richieste, insieme a
tutto l’amore che ci sta sotto.
L’esercizio questa volta è:
riconoscere le “trappole diseducative” in cui cadete con i
vostri bimbi e trovare una modalità creativa, potendo condivisa, per rimettere le cose a posto ed essere
realmente coerenti con i vostri obiettivi e le vostre parole. Cercare più
accordo possibile su questo con l’altro genitore e/o le persone che collaborano
con voi all’educazione dei vostri figli.
Fate dei tentativi, non ci sono ricette uguali per tutti:
siete persone uniche, che si confrontano con altre persone uniche ed irripetibili,
anche la vostra relazione sarà necessariamente tale. Voi siete sicuramente
quelli che conoscono meglio i vostri bimbi, quindi sarete sicuramente in grado
di trovare le soluzioni migliori. Ma se volete un consiglio, chiedete pure.
Qui si apre un nuovo grande capitolo, quello appunto delle
regole, dei limiti e delle richieste, che affronteremo le prossime volte.
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