L’argomento è complesso, cercherò di affrontarlo “a puntate”,
iniziando da un primo grande passo: come prevenire i conflitti, soprattutto
nelle relazioni educative e con i nostri figli, poi pian piano cercheremo di affrontare
il resto… se vi va!
Vostro figlio di 4 anni vuole andare al parchetto all’uscita
di scuola, voi avete ancora mille commissioni da sbrigare, sapete di avere 10
minuti, ma che a lui non basteranno e farà capricci per mezz’ora? Gli dite di
no subito? Vi rassegnate a stare un’ora al parchetto e rimandate il lavoro a
dopo cena? No: provate a fare un patto! Spiegategli la vostra situazione con le
parole giuste per un bimbo, concordate che starete poco, che appena lo
chiamerete andrete a casa senza capricci, altrimenti la prossima volta non ci
andrete affatto, non perché lo punite, ma perché non sa rispettare quel patto.
Probabilmente ci sarà una contrattazione, magari non saranno 10 minuti, ma un
quarto d’ora, quando lo chiamerete vorrà fare un ultimo scivolo, ma qualche
rinegoziazione ci può stare, anche loro vogliono avere potere nella relazione
ed è importante che sentano di averlo, poi però a casa col sorriso tutti
quanti.
Vostra figlia di 14 anni vuole iscriversi al corso di
teatro, ma fa già uno sport e suona uno strumento? E’ assurdo, non troverà più
il tempo di studiare, la risposta è no? Vi aspettano qualche urlata, un paio di
mesi di bronci e probabilmente qualche votaccio, giusto per dire che se non
vuole studiare tanto non lo fa lo stesso, magari sarebbe potuta diventare un’attrice
da oscar e ve lo rinfaccerà per anni… Perché non darle fiducia e provare a
ragionare insieme? Sarà dura, molto dura, se ne rende conto? Ha già preso due
impegni seri e c’è la scuola, probabilmente dovrà rinunciare al tempo libero,
alle uscite con gli amici e studiare la sera, ne vale la pena? Non sarebbe
meglio rimandare al prossimo anno, magari riducendo gli allenamenti? E’ proprio
convinta? Va bene, fate un patto: se cala il rendimento scolastico e l’impegno
sulle altre attività o se si renderà conto di non farcela, dovrà mollare il
teatro e magari restituirvi il costo del corso, perché i soldi non si buttano
per capriccio. Ma tutto sommato se vuole ce la può fare, ne siete convinti (perché
siete i suoi più accaniti fans, non ve lo scordate!), dovrà solo organizzarsi
bene.
Il conflitto si previene con il dialogo e contrariamente a quello
che siamo soliti pensare, la parte più importante del dialogo, non è la
produzione di parole, ma l’ascolto. Parlare è produrre parole, ma la
comunicazione è fatta di moltissime cose, e quello che trasforma il semplice
parlare in dialogo, è l’ascolto. Mettersi in ascolto dell’altro, di tutto ciò
che ci dice,
con le parole, ma soprattutto con le azioni, i silenzi, le espressioni, ci fa davvero entrare nel suo mondo, solo quando siamo sintonizzati, possiamo ricevere tutto ciò che l’altro ha da offrirci e da comunicarci. Quando sarete sintonizzati con l’altro, solo allora potrà esserci vero dialogo, in un clima sereno, di accettazione, sospensione del giudizio e ascolto profondo. Forse non concorderemo con ciò che l’altro ci comunicherà, ma potremo realmente comprenderlo e la comprensione delle ragioni e dei bisogni dell’altro ci permetterà di trovare soluzioni per una pacifica convivenza.
Nei post precedenti ho parlato di una pedagogia positiva,
che superi la coercizione, il ricatto, la punizione, ma anche la manipolazione
e il senso di colpa, in definitiva che incentivi la libera espressione di tutto
quel meraviglioso potenziale umano di cui i nostri bimbi sono depositari.
Con ciò non intendo sostenere che i bimbi debbano essere
abbandonati a se stessi, ai loro capricci e bisogni immediati e che gli adulti
ne debbano diventare in qualche modo schiavi. Per carità: guardiamocene bene,
non sarebbe utile né a noi, né a loro!
Noi siamo gli adulti, loro bambini o adolescenti. Tanto per
cominciare avrei una puntualizzazione sul concetto di adulto, participio
passato di “adolescere”, crescere, vale a dire “cresciuto”, bah ecco, io non
ritengo sia da intendersi in modo così categorico, nel senso che si, siamo
abbastanza cresciuti, ma abbiamo ancora tanta, tantissima strada da fare e guai
a chi smette di crescere!
In ogni modo, in qualunque relazione educativa, c’è un
soggetto che deve svolgere la funzione adulta e un altro che deve crescere col
sostegno di questo adulto. Di solito si usa la metafora dell’albero, a me piace
molto quello dell’impalcatura: quando si fa una casa, ma anche quando la si ristruttura,
serve un’impalcatura, che contiene, sostiene, da una forma, protegge… poi però al
momento giusto la si smonta e rimonta da un’altra parte, questa è la metafora
del mio mestiere, come genitori la cosa è forse più complessa, perché qualche
asse qualche trabattello, resta sempre sul cantiere, stiamo lì vicini, in disparte,
ma presenti, pronti a intervenire, sostenere, puntellare, tutta la vita.
Ho parlato di funzione, non di ruolo, perché c’è una bella differenza: un ruolo è qualcosa
che “recitiamo”, che assumiamo di fronte alla società, è qualcosa che spesso
finisce con l’ingessarci, inchiodarci, toglierci spontaneità e libertà di
azione, mentre la funzione è qualcosa che facciamo, è un modo funzionare, di essere
noi stessi in una certa situazione in cui ci assumiamo determinate
responsabilità e ci poniamo degli obiettivi.
E’ una distinzione importante, perché se decidiamo di assumere il
ruolo di Madre e Padre, sostanzialmente cercheremo un “manuale”, se invece
vogliamo essere noi stessi ed assumere consapevolmente la funzione di Madre e
di Padre, allora il gioco è diverso, molto più complicato e sicuramente più
divertente! E’ dentro a questo contesto, a questa ricerca di una funzione
adulta costantemente mediata e indirizzata dalla relazione, dal dialogo, dall’ascolto
di noi stessi e dei nostri bimbi, che nascono i patti.
“Facciamo un patto” è mettersi sullo stesso piano, ciascuno
con la propria specificità, le competenze, i bisogni, i desideri e con la
propria funzione. Si può dialogare, si può mediare, sta a noi comprendere che
patto proporre per uscire da un empasse proponendo una soluzione evolutiva ,
sia per la relazione, che per il bambino o ragazzo che ci sta di fronte e
soprattutto sta a noi pretendere coerenza e lealtà, prima di tutto da noi
stessi (guai a cedere alla tentazione di far valere la nostra posizione di
forza per cambiare le carte in tavola, un patto è un patto), poi dai nostri
figli.
I patti si basano sulla fiducia, esattamente come le
relazioni. Possiamo pensare anzi che tutte le relazioni sane si basino su
patti, impegni reciproci, liberamente assunti da soggetti consapevoli e
responsabili di onorare il loro impegno, prima di tutto verso se stessi. I
patti possono essere rinegoziati, ma fra adulti sappiamo bene che non
rispettare un impegno preso, può talvolta costare addirittura la sopravvivenza
di una relazione, “patti chiari amicizia lunga” dice il proverbio.
Abituiamo i bambini a fare dei patti e appena saranno in
grado, rendiamoli consapevoli dell’importanza di prendere degli impegni e
rispettarli, ma anche di come quelle scelte costruiscano il loro cammino di
esseri umani. Se abbiamo dei figli adolescenti, discutiamo con loro del
significato di quelle scelte, rendiamoli protagonisti del loro cammino di
crescita, abituandoli a riflettere sul significato e sulle conseguenze delle
loro azioni e decisioni, poi affianchiamoli, sproniamoli, aiutiamoli a portarle
avanti.
Noi per primi non dobbiamo mollare un attimo: pochi patti e
poche regole, ma chiari e rispettati e fatti rispettare, da tutti.
Gli esempi che vi ho portato vanno dai 4 ai 14 anni, ma se
ne possono fare molti altri in mezzo, anzi, datemi una mano: fateli voi!
L’esercizio è questo: fate dei patti con i vostri figli,
piccoli o grandi che siano, provateci!
Poi postate l’esperienza come commento… facciamo tanti
esempi, scambiamoci le esperienze, i tentativi, le fatiche… le esperienze e il
dialogo fra genitori, sono spesso più importanti della teoria, è la grande opportunità che ci offre il web, anche se amo tanto i libri.
Un abbraccio a voi e un bacio ai vostri ragazzi,
Federica
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