venerdì 21 luglio 2023

Sono tornata 3: Io la MAD non ricordavo nemmeno di averla mandata


Io la MAD a scuola non ricordavo nemmeno di averla mandata. 

Sono quelle cose che fai quando sei demoralizzato, quando anche se adori il tuo lavoro, ci credi, essere nel loop delle cooperative progressivamente snaturate da logiche di profitto e appalti al ribasso, non ti permette di farlo bene ogni giorno di più. Ti senti all'angolo come le persone che cerchi di aiutare, lottando contro tutto, anche la

tua cooperativa che dovrebbe essere dalla tua parte e diventi scomodo.


Ti accorgi che volevi salvare il mondo e invece stai facendo mancare opportunità ai tuoi figli, che va bene avranno valori ed esempi nobilissimi, che però li rendono più o meno degli alieni e che senza almeno il penultimo modello di cellulare e quelle scarpe lì, sono definitivamente fuori dal gruppo, però non vuoi fargli mancare la settimana al mare e il corso di musica. 


Allora pensi che forse volevi salvare il mondo, ma non hai salvato neanche te stesso e le persone a cui vuoi più bene. Sono i momenti in cui ti sfoghi con qualcuno delle tue fatiche e regolarmente qualcuno mi suggeriva: ma la scuola? Perché non ti metti nelle graduatorie? Perché non mandi la MAD (messa a disposizione)? Così un'estate di un paio di anni prima mi ero messa nelle graduatorie e avevo mandato la famosa MAD, giusto per vedere cosa succedeva, senza sperarci: la mia classe di concorso è piccolissima e affollatissima, i concorsi boh, con la mia laurea pacco posso insegnare solo alle superiori, dalle altre parti possono chiamarmi comunque, se non hanno proprio nessuno.


Un sabato mattina a ottobre 2020 mi arriva una chiamata dalla scuola primaria dietro casa, 5 minuti in auto, 10 in bici, niente treni carri bestiame durante la pandemia, traffico e stress di Milano (che sarà anche bella, ma sintonia zero), niente turni da 10 ore la domenica con la mascherina FFP2, niente terrore che qualcuno smetta di respirare fra le tue braccia, stipendio più alto, metà delle ore fuori casa.

Avevo 2 giorni per decidere e prendere servizio. Non potevo dire di no, otto mesi di stacco da Milano e da quella vita mi servivano come l'aria, ma sapevo che non sarei mai rientrata nel mio Centro.


Quando ho lasciato il Centro, ho salutato tutti, i ragazzi, i colleghi, poi sono scappata piangendo come una fontana giù dalle scale e sono corsa piangendo fino al treno. Ho chiuso quella porta, la porta del luogo di lavoro che ho amato di più in tutta la mia vita e non sono mai potuta tornarci per via della pandemia, anche adesso non riesco, mi viene da piangere al solo pensiero e temo che sarebbe ancora troppo emozionante. 


Quel giorno è avvenuto uno strappo, la vita ha dato uno strattone e mi ha catapultata su un altro piano di possibilità: una nuova vita.

Nessun commento:

Posta un commento

Benvenuto!
Ti ringrazio per il tuo contributo, sono certa che le tue idee ed esperienze saranno utili a tutte e tutti!